sabato 22 ottobre 2011

# 2 - A quite quiet place.





‘ His guitars notes in the air, like a promise, he said: summer won’t have an end, summer won’t ever end.’

Constance canticchia la canzone di Tobey, seduta sul divano in pelle della signorina Donaway.
Le unghie mangiucchiate, le mani secche e crepate. Un golf pesante, scarponcini da escursione, i capelli arruffati e tutta l’aria di una che vuole farti innervosire.

“Constance? Hey Constance, torna tra noi per favore!”

Lei continua a canticchiare a bassa voce, appoggiata allo schienale del divano, lo sguardo perso nel vuoto e tutta l’aria di una che non ha nessuna intenzione di cominciare a parlare.

“Constance!”

La signorina Donaway batte una mano sul bracciolo della poltrona. Lo sguardo di Constance si intravede appena attraverso il ciuffo di capelli che le cadono come fili di paglia sul viso. Ha uno sguardo tetro, svuotato di qualsiasi significato comprensibile, fa quasi paura e la signorina Donaway cerca di ritrovare in quel blu un’immagine qualsiasi, per capire cosa sia capitato.

“Bene Constance. Ora avresti voglia di raccontarmi com’è andata?”

Constance intona per l’ultima volta la strofa della canzone di Tobey e poi si china con i gomiti sulle gambe, le mani abbandonate nel vuoto. Alza la testa e guarda la signorina Donaway.
“Ha mai sentito parlare di Tobey? Intendo dire, prima d’ora.”
“Spiegati meglio.”
“So di non essere l’unica. Deve aver già parlato con gli altri del camper. Loro che le hanno detto di Tobey?”
“Questo non posso dirtelo, Constance.”
“Le avranno certamente parlato del suo modo di fare scontroso, non è così? Le avranno detto che alzava spesso la voce e che con lui era impossibile parlare.”

Constance ritorna ad appoggiarsi allo schienale del divano. Incrocia le braccia.

“Vede, signorina Donaway, il fatto è che certamente le avranno detto queste cose: che Tobey era uno imprevedibile, che spesso finiva col far rissa in giro, che non era uno affidabile. Le avranno detto di quando ha inchiodato di colpo ed è sceso prendendo a calci la porta del camper per scendere. Lui è fatto così, quando è arrabbiato non esistono più maniglie, in nessuna porta. Distrugge tutto quel che gli capita a tiro, quando s’incazza. Gliel’hanno detto questo, non è così?”

La signorina Donaway abbassa per un istante lo sguardo, e finge di scrivere qualcosa sul suo quaderno, forse per non dare a Constance la conferma che cerca. Così facendo, ad ogni modo, quella conferma arriva dritta a segno.

“Chi eravate, quella notte?”

Constance si guarda intorno. Sulla parete di destra un’immensa libreria. Testi di psicologia e psichiatria in ordine tutt’altro che alfabetico, riposti in modo approssimativo e confusionario. Schiacciati tra di loro come sottaceti del peggior discount. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, neuropsichiatria applicata, tecniche e strumenti di anamnesi e via dicendo. Constance accenna un sorriso, poi sposta il ciuffo di paglia dagli occhi.

“Da quanto fa questo lavoro?”
“Da tutta la vita, Constance.”
“Ha sempre dato del tu ai suoi pazienti?”
“Non a tutti, no.”
“Tobey non ha ucciso quella ragazza.”
“Che vuoi dire?”
“Che non l’ha uccisa.”
“Ma secondo il rapporto della polizia di fianco al suo cadavere hanno trovato la giacca di Tobey. E a quanto pare dei testimoni possono confermare di averli visti insieme qualche ora prima dell’accaduto.”
“Omicidio.”
“Come?”
“Omicidio. Lei lo chiama ‘accaduto’, ma è stato un omicidio. Solo che Tobey non c’entra affatto con quella ragazza.”
“Spiegati meglio Constance.”

“Ha mai sentito parlare dell’omicidio di Kristy Fall?”
“Sì, certo.”
“Ricorda come era morta?”
“Sì, lo ricordo Constance.”
“Credo che l’assassino della ragazza sia un emulatore.”

Constance sorride, ma il suo sorriso assume l’aspetto inquietante di un ghigno, e la signorina Donaway non ha il tempo di coglierlo, quel ghigno. Non appena stacca la penna dalla superficie del foglio è tardi per riuscirci.

“Un emulatore, quindi.”
“Già. Come nella storia di Jack lo Squartatore.”
“Continua.”
“Non l’hanno preso mai, perché era bravo. Aveva fatto talmente bene il suo lavoro che dopo i primi omicidi in tanti volevano essere lui. Tutti erano lui. Così nessuno l’ha mai trovato. La gente temeva per l’incolumità di un assassino. Curioso eh? In tanti stavano dalla parte del cattivo.”
“Quindi pensi che l’assassino di Kristy abbia ucciso anche quella ragazza?”
“Potrebbe essere una possibilità.”
“E Tobey che ci faceva con lei, quella notte? Perché non era con voi al campeggio?”
“Si erano conosciuti lì. Le avranno detto che lei era la nostra vicina. Sono andati via per un po’, poi lui è tornato al camper.”
“E la sua giacca?”
“Diceva di averla lasciata alla ragazza.”
“Doveva fare freddo.”
“Non molto. Tobey però al contrario di quel che dava a vedere è sempre stato un gentiluomo.”
“Che avete fatto il giorno successivo?”
“Siamo ripartiti, per le Montagne Rocciose.”
“Tobey non voleva salutare la ragazza? Non vi siete accorti che non era tornata in tenda?”
“Tobey pensava che stesse dormendo.”

Constance guarda la signorina Donaway con lo sguardo di chi ha detto tutto.

“Ora posso andarmene?”
“Dovrai tornare qui anche domani, Constance.”
“Per quale ragione?”
“Lo sai bene.”
“No, non credo di saperlo. Le ho detto tutto.”
“Sai che hanno trovato Tobey, vero?”

Lo sguardo di Constance d’un tratto si riempie di qualcosa che sembra paura.

“Dove.”
“Più o meno al confine tra Canada e Stati Uniti, non lontano da Thunder Bay. Da quanto non senti Tobey?”
“Dalla fine del viaggio.”
“Perché non l’hai mai chiamato?”
“Avevamo litigato.”
“Per quale ragione?”
“Non sono affari che la riguardano.”
“Vuoi vederlo?”

Constance abbassa lo sguardo e di nuovo la sua bocca si trasforma in un ghigno. Stavolta la signorina Donaway riesce a vederlo, e capisce che il bluff sta per riscuotere il risultato sperato.

“Non l’avete trovato.”
“Perché dici questo?”
“Lui non poteva essere vicino a Thunder Bay. Non poteva essere in Canada e nemmeno negli Stati Uniti.”
“Come fai ad esserne sicura?”
Il timer squilla sulla scrivania. Il tempo è scaduto e la signorina Donaway chiude il quaderno.

“Dimmi perché Tobey non poteva essere in Canada e nemmeno negli Stati Uniti.”

Constance sorride, e si alza dal divano.

“Tobey è da un’altra parte. Dubito che riuscirete a trovarlo. La ringrazio per la piacevole chiacchierata, signorina Donaway.”

Constance afferra il giaccone sul bracciolo del divano. Poi si avvicina alla porta e prima di aprirla si volta a guardare la dottoressa.

“Tobey non ha fatto nulla di male. Lasciatelo perdere.”

Poi esce, e si chiude la porta alle spalle.

La signorina Donaway riapre il quaderno, e con la sua penna stilografica comincia a scrivere sotto al nome di Constance Bay:

“Il soggetto presenta evidenti segni di schizofrenia, il suo caso è classificabile, più precisamente, come disturbo delirante. C. continua a sostenere a distanza di un anno, che l’amico Tobey sia stato presente per tutta la durata del viaggio. Gli amici confermano che nessun Tobey è mai salito a bordo del camper, e che C. ha cominciato a manifestare segni di evidente instabilità psichica solo dopo aver passato una serata fuori dal campeggio, in compagnia della vittima. C. cerca ancora di coprire tale Tobey, soggetto dei suoi deliri, per l’omicidio di Fanny E. del 23 agosto 1988.”


La signorina Donaway chiude il quaderno. Spegne la luce della scrivania e raduna le sue cose prima di andarsene.

Constance cammina nella neve, con gli scarponcini che sprofondano sempre di più ad ogni passo.
Sorride. Non è sola.

“Ce la caveremo, Tobey. Andrà tutto bene, vedrai.”





1 commento:

  1. Funzione, bello. Peccato la formattazione, che rende assai faticosa la lettura

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