giovedì 27 ottobre 2011

# 3 - One rescue man.




“Andrà tutto bene, vedrai.”
“Smettila di rassicurarmi. Prendi quelle forbici e fai quel che devi fare, razza di idiota!”
“Le forbici, sì. Le forbici, ora le prendo. Aspetta, ma che ci devo fare con queste!?”
“Devi tagliare!”
“Ok. Sì. Devo tagliare. Va bene. A che altezza?! Stai tranquillo Dave, cercherò di fermare subito il sangue!”

Pauly posiziona le forbici all’altezza del gomito di David e preme leggermente con la lama sull’osso.

“Pauly! La felpa! Devi tagliare la manica della felpa! Non il braccio!”
“Ah sì, certo, non il braccio! Lo sapevo, lo sapevo che dovevo tagliare la manica, certo, la manica.”

Pauly infila le dita sotto alla felpa di David e con le forbici incide una circonferenza per asportare la manica. Le mani tremano e Pauly suda freddo.

“Ok, ho tagliato la manica. Tranquillo Dave, andrà tutto bene!”
“Ok. Adesso devi fermare l’emorragia.”
“Certo, l’emorragia.”
“Pauly! Non con la mano, maledizione! Usa la tua maglietta, usa quel che ti pare ma ferma il sangue per l’amor di Dio!”
“Subito!”

Pauly si sfila la felpa e poi si sfila la maglietta. Si rimette la felpa e usa la maglietta per tamponare la ferita. David alza gli occhi al cielo.

“Proprio con te dovevo finire in questo casino!”
“Scusa, scusami tanto Dave, mi dispiace tanto!”
“Smettila di parlare. Ora devi fermare il sangue. Usa un laccio delle scarpe, quel che ti pare.”
“Un laccio delle scarpe, un laccio delle scarpe…”

Pauly sfila un laccio dalla sua scarpa destra e totalmente nel pallone cerca di infilare l’estremità in plastica della stringa su per la ferita.

“Ma che diavolo stai facendo!? Devi legarlo intorno al braccio!”
Pauly prende la stringa e la infiocchetta intorno al braccio di David.

“Sopra alla ferita, non sotto!”
“Che differenza fa?!”
“Vuoi vedermi morire dissanguato, maledizione?!”
“No! Certo che no! Ora lo rifaccio, non preoccuparti Dave, sistemerò tutto, l’ho fatto il corso di primo soccorso!”
“Primo soccorso solo nel senso che sei il primo a soccorrermi, non hai idea di quel che stai facendo, dannazione!”
“Non dire così, andrà tutto bene ti dico! Ora devo tenerti al caldo! Certo, come prima cosa devo tenerti al caldo.”
“Pauly!!!”
“Che c’è Dave?!”
“Ci sono 27 cazzo di gradi, chi se ne frega di tenermi al caldo! Ora devi sistemare la caviglia. Ascoltami attentamente.”
“Lo faccio, certo che lo faccio. Dimmi tutto Dave.”
“Alza l’orlo dei pantaloni e dimmi cosa vedi.”
Pauly scosta riluttante l’orlo della gamba sinistra, e quel che vede non era affatto sul manuale del primo soccorso. Un conato di vomito caldo gli riempie la gola e per un istante la vista si appanna.

“Stai per svenire?! Non svenire! Stai sveglio!”

Pauly si riprende, più o meno, e torna a guardare la caviglia di David.

“Cosa vedi?”
“Un osso. Vedo un osso e lo vedo dove non dovrei vederlo. Dave che devo fare!?”
“Dimmi di più, dimmi che altro vedi.”
“L’osso è bianco ma sul rosso, credo per via del sangue e, e…”
“Pauly!”
“Ok. Ha perforato la caviglia!”

David alza gli occhi al cielo una seconda volta, impotente di fronte a quello scempio di idiozia.

“Grazie per l’informazione, l’avevo immaginato. Ok, allora ora devi fermarlo.”
“Fermare cosa?!”
“Devi fermare l’osso, sistemarlo in modo che rimanga fermo.”
“Dave, se vuoi te lo metto a posto!”

Pauly avvicina le mani alla caviglia di David.

“Fermo! Ma che vuoi fare?!”
“L’ho visto fare in E.R., non ti devi preoccupare di nulla, ora tiro il piede verso di me e andrà tutto a posto…tre, due…”
“PAULY!”
“Che c’è!?”
“Dannazione lascia il mio osso come l’hai trovato! Cerca solo di sfilarmi la scarpa e poi aiutami ad alzarmi!”
“Non puoi camminare in questo stato Dave, nel caso non te ne fossi accorto la tua caviglia non è in condizioni di…”
“Alzami da questo cazzo di asfalto!”

Pauly blatera qualcosa tra sé e sé in segno di protesta e disapprovazione e poi si avvicina a David per aiutarlo ad alzarsi.

“Sei un coglione, Pauly.”
“Ma io…”

David si rimette in piedi e raddrizza la caviglia.

“Ho superato l’esame, vero?”
“Neanche per sogno.”

David tira fuori un pacchetto sgualcito di Marlboro rosse dalla tasca dei jeans, se ne accende una e poi si siede sul muretto, il sangue finto rinsecchito sul gomito.

Pauly si siede sul muretto, accanto a lui.

“Io credevo di potercela fare.”
“Certe volte non va come vorresti.”

David porge il pacchetto a Pauly.

La sua felpa è ricoperta di sangue e le scarpe da ginnastica rosse mancano di una stringa.

“Dici che la prossima volta andrà meglio?”
“Non credo che ci sarà una prossima volta. Non qui, di certo. Dovresti provare in pediatria. Hai mai sentito parlare di Patch Adams? Faresti ridere i bambini, se non altro.”

Pauly guarda David, lo sguardo affranto.

“Secondo te non diventerò un chirurgo, quindi?”
“Non credo, amico mio.”

David e la fatidica, ennesima, deludente pacca sulla spalla.
Nemmeno stavolta, pensa Pauly.

“Va bene così, tornerò l’anno prossimo se non mi prenderanno al St. Mary.”

Pauly si alza dal muretto, si riprende la stringa legata intorno al braccio di David, e rientrando in ospedale dal cortile asciuga la mano insanguinata sul camice del caporeparto di chirurgia, che ha osservato la scena.

“Arrivederci signori!”

Sorride, e sorridono anche gli altri.
David sorride e pensa che in fondo non sarebbe tanto male avere anche solo la metà dello spirito di quel ragazzo.
Al mondo esiste ancora qualcuno che ha voglia di tentare, e tentare, e tentare.

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