martedì 18 ottobre 2011

# 1 - Thunder Road.



Colonna sonora: Thunder Road - Bruce Springsteen (consigliamo l'ascolto durante la lettura). 



Era l’estate del 1985.
Al campo estivo ci andava chi poteva permetterselo. Famiglie perbene che vivevano in centro città e che potevano trascorrere serenamente le loro serate estive a sorseggiare bollicine nei loro lussuosi attici risplendenti di lampadari di cristallo. Donne con perle costose, uomini in abito scuro pronti ogni mattina alle 6.59, bacio sulla porta, e poi profumo di pancakes e caffè caldo.

Lei si svegliava ogni mattina con quel profumo, e si addormentava ogni sera, prima della partenza, con il tintinnio dei bicchieri che si toccavano tra loro durante festosi brindisi sul terrazzo.
Preparò la valigia in fretta, ascoltando Springsteen a tutto volume sparato dal suo nuovo walkman.
I pantaloncini di jeans a vita alta, la frangetta bionda sugli occhi, scarpe di tela bianca ai piedi e tutto l’entusiasmo di una bambina prima di una vacanza con gli amici. Qualche costume, la racchetta da tennis, magliette alla rinfusa e la voce di Bruce a farle compagnia durante un rituale che una ragazza ama più di qualsiasi altra cosa. Prepararsi per andare, verso dove non importava.
Il campo estivo era solo una meta, quel che la aspettava era un’avventura.

A Brooklyn, nel chiarore del mattino, lui si svegliava stiracchiandosi nel suo letto ad una piazza, in una camera più piccola delle altre, in una casa gialla dove una volta c’erano tanti fiori, dove il profumo di pancakes non si sentiva più da quando sua madre se n’era andata. Si svegliò con il rumore della sveglia, un rumore che per quanto insopportabile potesse sembrare, preannunciava l’inizio delle tanto attese vacanze estive.
Per lui vacanze estive non significava altro che lavoro, ma il lavoro di quell’estate sarebbe stato meglio di quello degli anni passati. Preparò il suo borsone ascoltando Springsteen, si infilò una maglietta bianca e la giacca di jeans, e partì.

Non passò molto tempo prima che si incontrassero. Lei giocava nella squadra di tennis e lui sistemava la staccionata. Lei sorrideva illuminata dal sole del mattino e i capelli biondi luccicavano come inondati di chi sa quale polvere magica. Lui la guardava attraverso gli alberi e pensava che prima o poi sarebbe finita l’estate, pensò che le occasioni, quando ti si presantano, vanno prese al volo, senza pensarci troppo. Lei rideva con le amiche e correva e lui non poteva fare a meno di pensare che quella ragazza era di certo la cosa più bella che avesse mai visto la luce del sole.

Quando si baciarono per la prima volta lei gli chiese quale scuola frequentasse e lui rispose che dopo l’estate sarebbe partito per l’università. Quando si baciarono di nuovo, per la seconda volta, lei gli chiese dove abitasse, e lui rispose che abitava in una casa gialla, piena di fiori, vicino al mare.
Quando lui la portò a nuotare al molo, lei gli chiese che ambizioni avesse per il futuro e lui rispose che nella vita voleva fare il pilota. Al molo, una sera, con i piedi a galla nell’acqua del lago, lui la baciò ancora e ancora e ancora e le chiese di stare insieme fino a quando il sole sarebbe sorto.
Non poteva farle promesse, questo le disse, non poteva darle molto. Poteva tenerla stretta fino al mattino, questo era quel che poteva fare. Lei rispose che così andava bene.

Si strinsero fino al mattino, e fecero lo stesso per le successive settimane.

I giorni passavano veloci, e la sera, dopo il lavoro del giorno, lui andava a prenderla, e lei lo aspettava sul dondolo della veranda, con la gioia di chi vive ogni istante al massimo. Lo amava, così credeva. Lo amava ogni giorno sempre di più e quel che non sapeva era che anche lui amava lei. La amava così profondamente da non poter respirare dopo averla salutata, ogni mattina.
La amava profondamente e semplicemente, e quel che voleva davvero era poter restare laggiù per un’altra estate, altre cento estati, tutte le estati che il mondo potesse prevedere.
Le note della sua chitarra si liberavano nell’aria come una promessa, la promessa che l’estate per loro non sarebbe finita più, non sarebbe finita mai. I capelli biondi di lei tra le dita di lui, le braccia di lui intorno alla vita di lei. Ogni singolo gesto amplificato e amplificato, ogni minimo movimento come un terremoto scuoteva il mondo e si sentirono grandi fino alla fine. Grandi insieme, come titani, senza paura. Ogni passo mano nella mano, insieme, come due giganti imbattibili. Questo erano, quei due ragazzi innamorati, al campo estivo. L’amore sembrava inesauribile, una forza grandiosa e incontrollabile.

Fecero l’amore al molo, nuotarono nel blu di quel lago che sembrava più grande ogni volta, sempre di più. Nuotarono e si amarono fino in fondo. Tutto quel che potevano fare per amarsi, lo fecero.

Poi arrivò l’ultima sera del campo estivo e lei gli disse che non voleva lasciarlo.
Lui rispose che non doveva. Lei disse che doveva, i suoi genitori non le avrebbero fatto frequentare uno qualunque, che le sue ambizioni a loro sarebbero sembrate pretese, che i suoi sogni sarebbero sembrati ingenuità. Disse che loro erano diversi da lei. Lui disse che non poteva darle quel che avrebbero voluto i suoi genitori per lei, ma che le avrebbe dato tutto quel che voleva, quel che desiderava più fortemente lui gliel’avrebbe dato.
Disse che non poteva fare molto con quella sua chitarra, ma che un giorno le avrebbe scritto la canzone più bella del mondo, e quella sarebbe bastata per un po’. Disse che avrebbe comprato una macchina, che in giro per il mondo doveva esistere un posto per loro. Disse che l’avrebbe portata ovunque, e che avrebbe trasformato quella chitarra in un aereo, e l’avrebbe portata in capo al mondo fino a quando non avessero trovato quel posto. E laggiù ci sarebbe stato certamente un lago blu, e un molo, e non potevano lasciarsi così. Lui disse che non poteva permetterlo.

Lei lo baciò al chiaro di luna. I suoi capelli biondi tra le dita di lui, le braccia di lui intorno alla vita di lei.  Si strinsero più forte e più forte ancora, fino a quando arrivò il mattino.
I capelli di lei non c’erano più e il riflesso delle sue scarpe di tela bianca sull’acqua del lago era svanito. Quando lui corse al suo alloggio, immaginò di poterla vedere ancora una volta seduta ad aspettarlo sul dondolo della veranda, ma lei non c’era più.

Cadde in ginocchio e urlò dentro, più forte che poteva.

Restò solo, in ginocchio, per un tempo che sembrò infinito, poi tornò al suo alloggio per preparare il suo borsone, per tornare a casa, dove nessuno lo aspettava, dove non sarebbe mai stato lo stesso, mai più.

L’amore per lei gli restò dentro per tanto tempo, non si affievolì mai, nemmeno per un secondo.
Passarono mesi, e poi anni, e lui non la rivide più.
Suonò per qualche anno nel centro di Manhattan, in locali diversi. Poi trovò un palco fisso, e ogni sera pregava perché lei finisse lì per sbaglio, per poterla vedere di nuovo, per poterla baciare di nuovo.

Guadagnò abbastanza per comprarsi una macchina. Poi guadagnò abbastanza per pagarsi il corso per diventare pilota. Diventò pilota e guadagnò abbastanza per comprare una casa vicino ad un lago blu. Guadagnò abbastanza per comprarsi un completo elegante, due, tre completi eleganti, e quando finalmente trovò il completo giusto, e l’anello giusto, andò da lei, perché aveva guadagnato abbastanza anche per trovarla.

La trovò. Lei non era cambiata per niente. Lui rivide la ragazza della quale si era innamorato il primo giorno che l’aveva vista. Lei rivide il ragazzo del quale si era innamorata al campo estivo, dieci anni prima. Tornarono giovani insieme. Si amarono di nuovo, anche se non avevano mai smesso di farlo. Il tempo che avevano passato divisi lo recuperarono e si misero in viaggio verso la casa sul lago. Il viaggio durò una vita.

Loro due, ragazzini, seduti sul pontile, con il riflesso delle scarpe di tela sull’acqua del lago.
Stretti l’una all’altra fino al mattino.
Nulla era mai stato tanto bello.
Nessuno era mai stato tanto fortunato.

Le note della chitarra di lui si liberavano nell’aria come una promessa, la promessa che l’estate per loro non sarebbe finita più, non sarebbe finita mai.

1 commento:

  1. è una storia commuovente e bellissima... Chiunque dovrebbe poter conoscere un amore così intenso e così forte...

    Ho amato particolarmente questo pezzo:
    «La amava così profondamente da non poter respirare dopo averla salutata, ogni mattina.
    La amava profondamente e semplicemente, e quel che voleva davvero era poter restare laggiù per un’altra estate, altre cento estati, tutte le estati che il mondo potesse prevedere.»

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