domenica 6 novembre 2011

# 5 - Due fratelli.



‘Dov’erano, dove non sono più.’

C. accende la luce.

“Questo film mi ha fatto venire i brividi.”
“Stai scherzando vero?”
“No, dico sul serio! I brividi!”
“Sei sicuro di aver visto lo stesso film che ho visto io?”
“Fai poco lo spiritoso. Tanto lo so che stanotte verrai a bussare alla mia porta, cacasotto.”

C. spegne il televisore e si siede sul divano accanto a M.

“Secondo te all’esame di chimica metteranno anche l’ultimo argomento?”
“E io che ne so, non frequento da due mesi.”
“Dovresti.”

C. si accende una sigaretta e il fumo esce dalla sua bocca formando cerchi concentrici di ogni misura. 




“Allora, me lo dai o no il numero di Roberta?”
“Roberta quella di matematica? Roberta Tallish?”
“Sì, quella con il culo più bello del campus.”
“Perché dovrei darti il suo numero?”
“Così.”
“Così cosa?”
“Così, voglio chiederle di uscire.”
“L’ultima volta che hai chiesto ad una ragazza di uscire, quella se l’è squagliata.”
“E allora?”
“Allora posso solo immaginare come le spaventi al primo appuntamento.”

C. spegne la sigaretta nel posacenere sul tavolino, di fianco al divano.

“Forse sono troppo bello. Scappano per quello, non si sentono all’altezza.”
“Sei un idiota. Il numero di Roberta non te lo do, comunque.”
“Tanto vale. Lo chiederò al tuo compagno di banco. Quello fa qualsiasi cosa gli chieda.”

M. guarda C., lo sguardo interrogativo.

“Scusa ma tu con Roberta Tallish non ci hai mai parlato. Perché dovrebbe uscire con te?”
“Che ne so, spirito d’avventura?”

M. ora fissa il soffitto.

“Non capisco per quale ragione ti ostini a vivere qui. Questo posto fa paura.”
“Il campus è per gli sfigati.”
“Quindi io sarei uno sfigato?”
“Esatto.”
“Anche Roberta vive al campus. Chiederesti ad una sfigata di uscire?”
“Roberta Tallish al campus ci resta solo tre giorni a settimana, quando ha lezione il giorno dopo. Il resto della settimana vive in un appartamento fuori, con una coinquilina.”
“E tu te la ricordi bene la coinquilina, non è così?”
“Che vuoi dire?”
“Sarai uscito anche con Betty immagino.”
“Un paio di volte. Niente di che.”
“Tipo?”
“Tipo cosa?”
“Sei andato a letto anche con lei?”
“Naah. Con lei no.”

C. prende un’altra sigaretta dal pacchetto.
Uno strano rumore riecheggia nella stanza. Un rumore che somiglia molto al rumore che immagini quando ti raccontano storie di fantasmi, e quei fantasmi se ne vanno in giro con catene enormi alle caviglie.

“Hai sentito anche tu?!”
“Cosa?”

M. resta in ascolto, paralizzato. Il rumore proviene dalla cantina e di tanto in tanto si fa più forte.

“Shh. Eccolo, di nuovo. Sembra rumore di..non saprei, ferraglia. Qualcosa di simile.”
“Poi sarei io il cacasotto? Quel film ti ha fatto proprio paura, eh?”

Il rumore ora non si sente più. Un brivido percorre la schiena di M.
Parte dall'ultima vertebra e si diffonde fino all’Atlante, come un treno in corsa che attraversa una galleria a tutta velocità.

“Hai ragione, ma è questo posto a darmi i brividi. Me ne vado a dormire, domattina mi sveglio presto e torno al campus.”
“Ok. Ricordati di lasciarmi il numero della Tallish, non farmi venire fino al campus domani, non ho lezione e voglio starmene a casa, ok?”

M. accenna una smorfia di disapprovazione mista a rassegnazione, poi sale le scale e se ne va in camera sua.

C. spegne la sigaretta e si alza dal divano. Scosta leggermente la tenda e guarda fuori.
Ormai c’è la neve.
Poi sale in camera sua. Si toglie la maglietta bianca e si infila una camicia di flanella a quadrettoni, i suoi camperos, e il cappello.

Scende le scale senza fare rumore,  e una volta in cucina apre la porta della cantina con la chiave che tiene sempre nella camicia. Si richiude la porta alle spalle e scende le scale cementate nel buio, il rumore dei tacchi su ogni gradino, il rumore di ferraglia che risale la rampa nell’oscurità.

Quando C. apre la seconda porta, la ragazza è sdraiata a terra.

“Per favore, fammi uscire!”

Segni di iniezioni sulla coscia destra, scoperta dal vestito bianco che indossa. I capelli lunghi, gli occhi stanchi. Le catene la fanno sembrare ancora più fragile.

C. si avvicina a lei, poi recupera la coperta nell’angolo della stanza, e la adagia sul suo corpo infreddolito. Le accarezza dolcemente la nuca, i capelli. Lo sguardo di C. nascosto nell’ombra del cappello da Cowboy.

“Tranquilla Betty. Tra un paio di giorni ti porterò un’amica.”


5 commenti:

  1. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina
  2. (Ricommento perché prima si leggeva tutto con codice html >-<)
    Inquietante.
    E aiuta sia l'atmosfera creata che lo stile... Bello, brava!
    È il perfetto incrocio tra sceneggiatura e narrativa, e l'immagine è perfettamente rappresentata.
    Per quello che riguarda i dialoghi devo farti i complimenti: non è mai semplice rappresentarli, perché sono ciò che coglie o deve cogliere meglio la vita quotidiana, la realtà.
    E qui devo dire che sono ben riusciti, non sono affatto finti e distinguono bene i due personaggi che a volte c'è il rischio di fare assomigliare proprio con le parole virgolettate.
    Per concludere, il finale lo trovo perfetto: molto emozionante, è come una scossa.

    RispondiElimina
  3. Mi piace questa interpretazione.. La luce "drammatica", i dettagli della mano e il taglio così.. Sono rimasta senza parole :D
    Da cosa è tratto? (perdona la mia ignoranza xD )

    RispondiElimina
  4. Fre, ti ringrazio tanto. è veramente importante per noi coordinare bene testo e immagine e il fatto che venga notato e piaccia per noi è molto positivo.

    Noretta, grazie mille per i complimenti "fotografici" :) L'immagine è un'interpretazione che fornisco dello scritto di Ju, infatti l'intero progetto si basa su una collaborazione fotoletteraria. Lei scrive, io fotografo. Quindi non è tratto da nulla, o meglio è un racconto creato da Ju appositamente per questa occasione.

    RispondiElimina
  5. Ma siete davvero bravissime!! Sto ammazzando il tempo in ufficio leggendo qui..come vorrei che ci fossero infiniti racconti...li finisco troppo in fretta!! :)

    RispondiElimina