venerdì 11 novembre 2011

# 6 - A shabu shabu love story.





Avvertenza: 

Le vocali sono pronunciate come in italiano e le consonanti come in inglese. In proposito si noti che:
 
‘ch’ è un’affricata come la ‘c’ nell’italiano ‘cesto’ (p.e. ‘Chie-chan’ va letto ‘Ciecian’)
‘g’ è velare come nell’italiano ‘gatto’
‘h’ è sempre aspirata
‘j’ è un’affricata come la ‘g’ nell’italiano ‘gioco’
‘sh’ è una fricativa come ‘sc’ nell’italiano ‘scelta’ (p.e. ‘sashimi’ va letto ‘sascimi’)
‘y’ non va letto come la ‘y’ inglese ma come la ‘i’ italiana


“Tra un paio di giorni ti porterò un’amica.”

Così aveva detto la nonna. Ormai Shin era convalescente da qualche mese, e l’unica visita che riceveva, di tanto in tanto, era quella di sua nonna. La malattia l’aveva costretto a letto per le prime due settimane, ma quando era stato in grado di camminare, fuori era già inverno inoltrato e i medici sconsigliavano di uscire, con l’eccezione di qualche breve passeggiata nel parco.
Shin non era abituato a stare in casa. La sua vita si era svolta, fino all’avvento della malattia, come avevano previsto i suoi genitori. Aveva studiato, poi aveva trovato un lavoro, e infine aveva trovato una moglie. Aveva poi trovato casa, ma in quella casa ora non ci viveva più. Quando la moglie l’aveva lasciato, lui era tornato a Nara, nella casa della sua infanzia, e la moglie era rimasta a Tokyo, insieme alla loro bambina, Sachi. Lui l’aveva vista quasi ogni week-end dopo la separazione, ma da quando la malattia era cominciata Kaneko non le aveva permesso di fargli visita, forse per paura che Sachi ne restasse turbata. 

“Cosa vuoi dire nonna?”
“Sei solo da tanto tempo ormai, ti porterò qualcuno che ti farà compagnia. Arriverà la prossima settimana, vedi di essere in forze per quel momento!”

La nonna di Shin era sempre stata una donna sorridente. Anche alla sua età, il sorriso della sua giovinezza non sembrava affatto cambiato. L’unica piccola differenza erano gli occhi, che scomparivano tra le rughe ad ogni sorriso. Lei però non era cambiata affatto, e a Shin era rimasta solo lei. Tornava ogni settimana con la spesa, e Shin si domandava spesso dove trovasse la forza di trasportare sacchi così pesanti. Ogni tanto il senso di colpa lo assaliva. Se fosse stato in grado di uscire avrebbe continuato a fare quel che aveva fatto per tutta la vita, e non poter fare una cosa semplice come la spesa lo rattristava.
Quando arrivò la prima neve, arrivò anche Chie.
La nonna aveva avvisato Shin dell’arrivo di un’amica, e Shin non aveva fatto domande. Non pensava, tuttavia, che la visita in programma fosse proprio quella di Chie. Quando la nonna suonò alla porta Shin andò ad aprire, e dietro al viso sorridente della nonna, rivide quello di Chie, dopo quasi dieci anni. 

“Shin!”

Shin restò fermo sulla porta. Chie-chan era cresciuta. Non era più una ragazzina, come la ricordava. Era più alta di almeno venti centimetri, i capelli erano più corti, e i suoi vestiti diversi. Era una donna, ma il suo sorriso e i suoi occhi erano gli stessi di dieci anni prima, e lei era ancora la sua Chie-chan. 

“Allora, Shin, non saluti Chie? Invitala ad entrare!”

Shin rinsavì d’un tratto, e salutò Chie con un cenno educato, invitandola ad entrare. Arrossì, poi chiuse la porta e sistemò il cappotto di Chie all’ingresso.

“Non sei cambiato per niente!”
“Ora basta con i convenevoli, venite ad aiutarmi in cucina!”

La voce squillante della nonna arrivò dalla cucina. Shin e Chie si guardarono per un istante e scoppiarono a ridere.

“Nemmeno lei è cambiata!”

Chie era sempre stata allegra. Quella sua spensieratezza aveva sempre colpito Shin. Lui non ne sarebbe mai stato capace, di sorridere a quel modo. 
Seduti a tavola, tutti e tre, come ai vecchi tempi, Shin pensò che in fondo la malattia aveva portato anche qualcosa di buono, gli aveva riportato la sua Chie-chan, e questo bastava, e sarebbe bastato per un po’ ad alleviare la sua condizione.
La nonna di Shin tornò a casa prima della mezzanotte, assicurandosi che la camera per Chie fosse in ordine, e che lei avesse tutto ciò che le serviva. Lei ringraziò sorridendo, e poi la nonna partì per tornare a Tokyo, salutando i due sulla porta.

“Mi raccomando Chie, sveglialo presto la mattina, altrimenti dorme tutto il giorno!”

Chie si fermò per circa un mese. Le prime sere a cena con Shin gli raccontò degli ultimi anni in giro per l’Europa. Disse che la vita laggiù era diversa, che il lavoro era diverso, e che anche le persone lo erano, diverse. Lui ascoltò le storie di Chie e fece tante domande, lei rispose a tutte quelle domande e gli disse che un giorno l’avrebbe portato dov’era stata, che gli sarebbe piaciuto. Disse che l’unica cosa che le era mancata in quei lunghi anni era il cibo. Aveva mangiato bene, certo, ma durante l’inverno sentiva sempre la mancanza dei piatti caldi che la nonna di Shin cucinava per loro due. Quando cadeva la neve, dovunque si trovasse, le tornava sempre in mente la cena di ogni sera nella casa di Nara, e quei momenti passati insieme ad ascoltare le storie di Obaasan. Shin le chiese quale fosse il piatto che le era mancato di più, e lei rispose ‘shabu shabu’. 

“Bene.” disse Shin. “Per la tua ultima sera qui, ti cucinerò lo shabu shabu, promesso.”

Chie sorrise. 

“Shin, come ti senti?”
“Da quando sei arrivata tu, mi sento un po’ meglio. La schiena non fa male come prima. Riesco a camminare più facilmente, e mi è tornato l’appetito.”

Passeggiarono nel grande parco di Nara due volte in una settimana. I cervi si avvicinavano e Shin aveva con sé briciole di pane. Le passava a Chie-chan e lei coccolava i cerbiatti. Il sentimento di profonda ed intima amicizia che legava i due dieci anni prima si rafforzava ad ogni giorno passato insieme. Le esperienze vissute tornavano a fiorire, petali inconsueti nel bianco del parco innevato.
Quando Shin prese la mano di Chie-chan, lei sorrise e la malattia di Shin scivolò fuori dal suo corpo in un respiro, come se quel contatto lo avesse guarito del tutto.
Passarono i giorni e la casa dove si erano conosciuti durante l’infanzia li fece conoscere di nuovo, non più bambini, ormai adulti.
Arrivò l’ultima sera di Chie, e come promesso, Shin preparò lo shabu shabu.
Per la prima volta dopo tanto tempo, Shin uscì a fare la spesa, e tornò a casa per preparare la cena, carico di sacchetti. Riordinò tutti gli ingredienti, e preparò la tavola. Come durante le grandi occasioni, come quando erano piccoli, indossarono i loro kimono, e si sedettero l’uno di fronte all’altra.  Lo sfrigolio della pentola sul fornello e un profumo dolce di carne lasciata a cuocere nel brodo. Ciotole di ogni grandezza, e verdure di ogni sfumatura di colore. Il profumo dello shabu shabu riempiva il salotto, e il profumo di cipolle, carote, petali di crisantemo e rape cinesi si alzava dalle ciotole bollenti di Shin e Chie-chan, mischiandosi ai ricordi del passato e alle aspettative per il futuro.

Mangiarono con gusto tutto quel che c’era in tavola, e Chie disse a Shin che era stato bello stare insieme a lui per quel periodo, che ne era felice. Shin sorrise per tutta la durata della cena, e nemmeno per un istante pensò che per tanto tempo ancora non sarebbe stato più in compagnia. Quella di Chie, di compagnia, era di gran lunga la più piacevole compagnia che potesse immaginare.
Si fece tardi, e i due si sedettero vicino alla porta a vetri che dava sul parco. 

“Ti andrebbe di tornare a trovarmi, quando sarai di ritorno in Giappone?”

Chie sorrise ed annuì, guardando Shin. Poi tornò a guardare fuori.

“Ogni volta che mi sarà possibile.”

Di nuovo il tocco della mano di Chie rassicurò l’animo di Shin, come se in quel momento nessuna malattia potesse sfiorarlo.
L’amore partì dalla punta delle dita dei due, intrecciate come fili di seta, poi si riversò nei loro palmi e li riempì, e quando quelli non riuscirono più a contenerlo, l’amore si insinuò su per le maniche dei loro kimono, fino ad arrivare dove l’amore risiede. 

Nella notte, la neve continuava a cadere.

3 commenti:

  1. Di una dolcezza straripante.
    Trasmette così tanto candore... una pace silenziosa e appagante.
    Avete creato una nuvola.

    :)

    Laura

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  2. Eccomi :D
    Allora, l'ho letta stasera con calma e pace.
    Per il mio punto di vista è difficile ricreare un ambiente (seppur quotidiano e umano come può essere il nostro europeo) così diverso culturalmente. Però qua ci si è riusciti proprio bene, in particolare ho adorato la parte del momento della preparazione del piatto ("Ciotole di ogni grandezza, e verdure di ogni sfumatura di colore. Il profumo dello shabu shabu riempiva il salotto, e il profumo di cipolle, carote, petali di crisantemo e rape cinesi si alzava dalle ciotole bollenti di Shin e Chie-chan, mischiandosi ai ricordi del passato e alle aspettative per il futuro. ") e anche il momento in cui si mettono il kimono, perché effettivamente è loro costume usarlo nei momenti più intimi o legati alla tradizione.
    Mi piace davvero tanto, non solo per la pace e l'armonia che trasmette (anche se una pace molto malinconica) ma soprattutto perché si è riuscito a descrivere con mano "europea" una visione orientale. Gli elementi sono descritti così semplicemente da farli sembrare quotidiani anche a noi :)

    Infine, ADORO la foto *________*

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